Roma (Italia). Il 27 gennaio 2024 si celebra la Giornata internazionale della memoria delle vittime dell’Olocausto, nell’anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, in Germania, avvenuta nello stesso giorno del 1945. La ricorrenza fu istituita a livello mondiale il 1° novembre 2005 dalle Nazioni Unite, nel 60° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il 18 gennaio 2024, a pochi giorni dal Giorno della Memoria, a Roma nella Sala Baldini della parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli, a pochi passi da quello che era il Ghetto ebraico, si è svolto l’incontro “L’amicizia che vince le guerre. Testimonianze e storie: oggi da Gerusalemme… ieri da Roma e Markowa”. Nell’intreccio di storie tra presente e passato, in filigrana all’incontro c’era la significativa ricorrenza per Roma dell’80° anniversario del rastrellamento degli ebrei nel Ghetto ebraico avvenuta il 16 ottobre 1943.

La moderatrice, Cristiana Caricato, Vaticanista di Tv2000, ricordando i bambini israeliani e palestinesi strappati alla vita e alla loro infanzia nel conflitto attuale, ha sottolineato l’importanza della memoria: “queste storie ci dicono che ricordare è un dovere e che farlo non è mai abbastanza”, e “forse le storie di amicizia, ma anche di giustizia e di bellezza, sono quelle che salveranno il mondo e che potrebbero salvarci anche oggi”.

Significativa era anche la location in cui si è svolta la serata in cui, ha ricordato il parroco Padre Davide Carbonaro, i Padri dell’Ordine della Madre di Dio avevano ospitato diversi ebrei e, proprio in quella sala, una coppia aveva data alla luce un bambino, segno di vittoria della vita sulla morte.

Tra i relatori, suor Grazia Loparco, Figlia di Maria Ausiliatrice Docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione  “Auxilium” di Roma è stata chiamata a portare storie di accoglienza da parte degli Istituti religiosi. A fondamento del suo interesse verso questi temi, ha rievocato il memorabile incontro con Primo Levi – superstite dell’olocausto e autore di Se questo è un uomo – in occasione della sua tesi di laurea, che “le ha cambiato la vita” affermando che la testimonianza è un dovere nei confronti delle giovani generazioni” e lasciandole un importante insegnamento, ovvero che “le parole hanno un peso, bisogna usarle bene”.

Robert Leiber SJ scriveva sulla Civiltà Cattolica (1961) che circa 150 istituti, femminili, maschili e alcune parrocchie avevano nascosto per mesi 3.667 ebrei, altri 680 per minor tempo, in totale 4.447. Dai fascicoli vaticani, consultati recentemente, si conferma la sinergia tra assistenza “organizzata” e assistenza “spontanea”,  emergono le strategie e la rete di collaborazione per soccorrere persone, oltre che l’attività assistenziale presieduta dalla Segreteria di Stato. Soprattutto Montini, per volontà di Pio XII, divenne protagonista e filtro nella gestione delle richieste in nome della carità.

“Siccome era una pagina di storia molto orale e poco scritta, perché non si scriveva molto in quei mesi, per tanti motivi di rischio e paura – racconta suor Grazia – sentivamo la responsabilità di andare a cercare questi testimoni che potevano conservare memoria diretta, oppure indirizzarci nell’archivio, nella documentazione che poteva attestare questi fatti”.

A settembre 2023 è stata data notizia che nell’archivio del Pontificio Istituto Biblico di Roma è stata rinvenuta una documentazione inedita che elenca le persone, in maggioranza ebree, protette dalle persecuzioni nazifasciste della Capitale grazie al rifugio loro offerto presso istituzioni ecclesiali della città. Gli elenchi ritrovati si riferiscono a oltre 4.300 persone, delle quali 3.600 sono identificate per nome. La documentazione incrementa così significativamente le informazioni sulla storia del salvataggio di ebrei nel contesto degli istituti religiosi di Roma (cf. Comunicato Sala Stampa Vaticana).

Tra gli storici coinvolti nello studio dei nuovi documenti, suor Grazia è tuttora impegnata nella ricerca in occasione dell’80° dell’occupazione di Roma, con tanti “tasselli” che emergono a poco a poco, ed è sostenuta dalla Facoltà, che promuove la collaborazione a convegni ed eventi per tener viva la memoria, rivolti ad adulti e giovani.

“Per me sono tutti tasselli importanti, perché ogni storia di persona è unica”. Come il racconto di Marina Limentani, riferito alle prime ore dell’emergenza del 16 ottobre, in cui i genitori decisero di rivolgersi all’Istituto delle FMA dove risiedeva la sorella della nonna, religiosa:

«La Madre Superiora ci accolse in modo eccezionale: ci fece fare colazione, ci confortò e poi cominciammo a parlare di quello che era accaduto. I miei genitori le dissero: “Sorella, ci aiuti lei, noi non sappiamo cosa fare, non abbiamo soldi, non abbiamo più niente”… Lei allora ebbe tanta pena di noi e ci disse: “Sentite, quello che posso fare è prendere le due ragazze più piccole, l’altra figlia possiamo sistemarla nell’istituto francescano qui di fronte… provate ad andare e dite che vi mando io”. Così facemmo e noi tre figlie fummo sistemate». (Marina Limentani in Federica Barozzi, I percorsi della sopravvivenza. Salvatori e salvati durante l’occupazione nazista di Roma, 8 settembre 1943 – 4 giugno 1944, in Rassegna mensile di Israel 64, 1998/1, p. 129..)

La cosa che emerge da diverse testimonianze è che tanti – religiosi e religiose, ma anche famiglie e singoli – hanno capito che i rifugiati erano prima di tutto persone. Il fatto di essere ebrei o non ebrei veniva dopo. Questo colpisce molto, perché in quei tempi già c’era il cammino dell’amicizia ebraico-cristiana, però forse si muoveva più sul livello della teologia, del dialogo dottrinale, invece qui si sono trovate persone comuni, con quell’umanità che veniva dalla fede, dal Vangelo, dal fatto di sapere che ‘devi amare il tuo fratello se dici di amare Dio’. Questo veniva prima di tutto”.

Un’azione di questo tipo comporta la scelta: “Non avrebbero potuto rischiare così tanto se non si fossero schierati da una parte – che non vuol dire aiutare solo alcuni, perché hanno aiutato tutti, sotto lo stesso tetto potevano esserci persone con idee totalmente diverse – quello che però prevaleva era la dignità della persona umana”. Come cristiani non si poteva restare indifferenti o non prendere parte.

“Queste storie” – continua suor Grazia – dicono come di fronte ad un rischio così forte e ingiusto molti cristiani hanno saputo prendere posizione sapendo, nel caso delle Case religiose, che non rischiava solo una persona, ma tutta la comunità”. Raccontando un episodio – avvenuto in una Casa religiosa – di attenzione da parte di una suora a rispettare la coscienza di un ragazzo ebreo, facendogli soltanto simulare il bacio del crocifisso per non attirare l’attenzione sulla sua diversità – ha osservato come il rispetto dell’altro costituisca la base dell’amicizia che in tempi non più di emergenza può stabilire la base per un dialogo effettivo”.

Nella stessa serata, oltre all’intervento dell’ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore generale degli Affari politici e di sicurezza del ministero degli Esteri, sono stati presentati il docufilm “Quel sabato nero” di Fausta Speranza e Stefano Gabriele e il libro “Uccisero anche i bambini” di Manuela Tulli e Pawel Rytel-Andrianik, sul martirio della famiglia Ulma avvenuto a a Markowa, in Polonia, il 24 marzo 1944. (Video)

“Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità” (Papa Francesco, Udienza 24 gennaio 2024).

RISPONDI

Per favore inserisci il tuo commento!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.