Roma (Italia). Suor Alessandra Smerilli, Docente all’Auxilium e Suor Lucy Nderi, Dottoranda, due Figlie di Maria Ausiliatrice presenti come uditrici, raccontano l’esperienza vissuta delle prime settimane al Sinodo dei Vescovi sui giovani.

«L’invito al Sinodo sui giovani è stato per entrambe una grande sorpresa e all’inizio ci ha anche un po’ impaurite! Ora siamo riconoscenti per l’esperienza ricca e interessante che stiamo facendo di Chiesa, sia nell’assemblea plenaria, sia nei circoli minori. Quello che stiamo vivendo in questi giorni è davvero un cammino di ascolto, di dialogo e di apertura alla novità come ha auspicato il Papa nel suo discorso di apertura.

Nella prima parte dei lavori la parola chiave è stata quella dell’ascolto. Abbiamo riconosciuto il mancato ascolto ai giovani e la sfida di assumere una cultura di ascolto per essere una chiesa più relazionale ed empatica. Infatti, si è sottolineato che la chiesa può “farsi ascoltare dai giovani solo ascoltando i giovani”. La cosa più bella e interessante è che i giovani partecipanti al sinodo si sentono parte attiva e quindi co-costruttori di una chiesa relazionale, empatica ed in uscita. Da loro viene la richiesta di una Chiesa dove ci sia più spazio per i giovani e per le donne, e alle loro richieste hanno fatto eco interventi molto franchi sull’urgenza di un cambiamento in questa direzione.

Dagli interventi abbiamo anche colto la consapevolezza della fragilità del popolo di Dio che ci permette di cogliere maggiormente la dinamica della salvezza, cioè dov’è il peccato abbonda la sua grazia. In questo senso si percepisce la disponibilità di camminare nell’umiltà insieme ai giovani fidandosi del Signore. Si è detto che una Chiesa ferita può comprendere meglio le ferite dell’umanità.

I temi centrali del sinodo quali fede, vocazione, discernimento e accompagnamento sono stati trattati nella seconda parte dei lavori. Forse è stata la parte in cui i giovani hanno partecipato maggiormente offrendo dei contributi interessanti e validi e ci interpellano.

Le due parole chiave di questa settimana sono state vocazione e accompagnamento. Abbiamo registrato due spinte importanti sul tema della vocazione: da una parte riconoscere che la vocazione non è la chiamata per pochi eletti, e che esiste una grande e universale chiamata all’amore e alla gioia: “ogni vita è vocazione”, e solo in quest’orizzonte possiamo cogliere l’invito che Gesù fa ad alcuni a seguirlo più da vicino; dall’altra un affermare chiaramente che la vocazione non è un piano stabilito da Dio in cui ciascuno deve entrare, come in una camicia di forza. Si è detto che l’idea di un Dio che ci pone di fronte a più direzioni, di cui una sola sarebbe quella buona, rappresenta un’immagine perversa di un Dio che manovra dall’alto i fili della storia a suo piacimento.

L’accompagnamento è stata l’altra grande parola della settimana. Abbiamo riconosciuto il bisogno forte delle giovani generazioni di essere accompagnate nella loro realtà quotidiana. Una frase ripetuta spesso è stata: “abbiamo bisogno di punti di riferimenti affidabili, disponibili e accessibili che possono chiamarci per nome, che possono camminare con noi nella ricerca del senso della nostra vita, nel discernere la nostra vocazione, che possono risvegliare in noi domande ed inquietudini”. Forte è stato l’invito ad un accompagnamento che sveglia le domande e non cerca di mettersi al posto dei giovani offrendo risposte. L’icona dei discepoli di Emmaus, che ci accompagna dal Capitolo Generale, sta emergendo come esempio di accompagnamento: accostarsi, fare domande, camminare con i discepoli anche in direzione sbagliata, stare con loro, saper allontanarsi al momento opportuno.

Un’altra forte esperienza è stata la testimonianza di un giovane sulla situazione dei cristiani nel Medio Oriente e soprattutto la fede vissuta da giovani in fondo fino ad accettare il martirio. Crediamo che questi giovani sono la forza della Chiesa. Il loro coraggio, il loro entusiasmo, il loro farsi sentire in assemblea quando qualcosa li colpisce, ci danno la direzione di marcia. Speriamo di non deluderli».

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