FILE - The combo of file photos shows Doctor Denis Mukwege, from the Democratic Republic of Congo, left, on Nov. 26, 2014 and Yazidi woman from Iraq, Nadia Murad on Dec. 13, 2016 as they both address the European parliament in Strasbourg, France. The Nobel Peace Prize on Friday, Oct. 5, 2018 was awarded to the Congolese doctor and a Yazidi former captive of the Islamic State group for their work to highlight and eliminate the use of sexual violence as a weapon of war. (ANSA/AP Photos/Christian Lutz, file) [CopyrightNotice: Copyright 2016 The Associated Press. All rights reserved.]

Roma (Italia). Il 23 novembre 2018, presso la Curia dei Gesuiti a Roma, si è svolto un incontro dal titolo “Focalizzando l’attenzione sulla violenza sessuale nei conflitti”, organizzato dalle Ambasciate della Gran Bretagna e del Belgio insieme al “Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati”. Ha partecipato Suor Elena Rastello dell’Ambito per la Pastorale giovanile in rappresentanza dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

L’incontro ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’agire a livello globale per contrastare il crimine della violenza sessuale e dello stupro come arma di guerra. Nel panel è stato presentato il contributo che Congregazioni religiose femminili e maschili offrono per la cura, il sostegno e l’integrazione di persone vittime e sopravvissute.

Sono migliaia e migliaia le donne, le giovani, le bambine violentate e segnate per la vita dalla violenza sessuale sofferta nei conflitti. Per il potere, il possesso e la supremazia si terrorizzano comunità e villaggi (come in Bosnia negli anni Novanta) e, per convincerli a non opporre resistenza, gli aggressori fanno violenza prevalentemente sulle donne.

Nell’incontro sono stati presentati due attivisti a cui è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace 2018. Una giovane donna irachena yazida, Nadia Murad, che ha lottato per i diritti umani e la pace dopo che fu fatta prigioniera dall’Isis nell’agosto 2014, tenuta in ostaggio insieme a tante donne del suo popolo, è poi divenuta simbolo del genocidio della sua comunità e ambasciatrice ONU per la dignità dei sopravvissuti alla tratta degli esseri umani; un medico della Repubblica Democratica del Congo, Denis Mukwege, che dedica la propria vita a curare donne vittime di abusi e violenze.  È un riconoscimento meritato a due attivisti coraggiosi e tenaci, capaci di pagare di persona per il loro servizio alla pace attraverso la lotta nonviolenta, perché sia riconosciuto il dolore che le donne soffrono a causa di abusi sessuali e sia riaffermata la dignità umana.

A conclusione dell’incontro, è stato proiettato il video “L’uomo che ripara le donne”, un film-documentario per conoscere l’opera del dott. Mukwege, e per mostrare l’efficacia di scelte del medico che costruiscono pace e giustizia e che sono di autentica lotta nonviolenta a fianco di tante donne, soprattutto quelle più indifese: “Quante volte, osservandole nei loro letti di dolore, mi sono disperato e mi sono domandato: come potranno riprendersi? E ogni volta scopro che si rimettono in piedi non per se stesse, ma per le loro famiglie e per i loro figli. Credo che da loro noi uomini abbiamo davvero molto da imparare”.

Tante religiose e religiosi si piegano con tenerezza sulle ferite delle donne. In quelle donne, nelle loro storie, sui loro volti, vedono il riflesso del volto sofferente e piangente di Cristo oggi.

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